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Educatore professionale socio – pedagogico ed educatore professionale socio – sanitario, facciamo il punto

Laurea L19 senza indirizzo infanzia

Un tema di cui mi sono molto occupato (trovate qualcosa qui tra le mie pubblicazioni scientifiche) è quello del doppio educatore. Mi è parso utile pubblicare qui un riepilogo di questa questione storica, che con il 2017 ha cominciato a trovare una qualche sistemazione ma che continua a dispiegare i suoi effetti per gli educatori.

La ‘sede’ accademica delle scienze dell’educazione nel nostro ordinamento è tradizionalmente la facoltà di magistero, che aveva tradizionalmente un legame strettissimo con la scuola.

Negli anni ’70 prendeva forma una trasformazione della funzione della laurea in pedagogia che era stata per decenni al servizio della scuola e dell’infanzia e assumeva una nuova forma etimo-epistemologica da pedagogia a scienze dell’educazione. I primi dipartimenti di scienze dell’educazione venivano istituiti negli anni ’70, e quella mutazione era completa quando nel 1991 veniva istituita la laurea in scienze dell’educazione quadriennale (cui era equipollente la laurea in pedagogia).

Il decreto ministeriale che istituiva la laurea quadriennale in scienze dell’educazione prevedeva tre indirizzi professionali:

  1. l’indirizzo per insegnanti di scienze dell’educazione (la laurea consentiva l’accesso all’insegnamento in quella che era la scuola media (italiano, storia e geografia) e nella scuola superiore diverse classi ddi concorso tra cui italiano, storia e filosofia e psicologia, sociologia e pedagogista in diverse tipologie di scuole superiori
  2. l’indirizzo di esperto dei processi formativi, finalizzato alle attivirà di formazione professionale
  3. l’indirizzo di educatore professionale ‘extrascolastico’.

Ad inizio anni ’90 la trasformazione della professione e della scienza pedagogica era completa e era sancita la presenza del laureato in scienze dell’educazione nei servizi sociali e sanitari come educatore professionale extrascolastico.

Una evoluzione importante avveniva negli stessi anni nel mondo della sanità, laddove fin dagli anni ’70 iniziavano ad essere formate nuove figure professionali senza formazione accademica superiore di educatore professionale. Questo percorso che altrove è stato ben dettagliato è culminato nel 1998 con l’istituzione di una professione sanitaria cui si accedeva con i vecchi diplomi universitari formati presso le università di medicina e chirurgia sulla base di un decreto ministeriale firmato dall’allora ministro Rosy Bindy. A quel titolo di educatore professionale veniva affiancati attraverso equipollenze ed equivalenza una serie di professionisti che avevano acquisito prima del marzo del 1999 titoli di natura diversa.

La presenza di una professione regolamentata da un decreto ministeriale (quella sanitaria) che raccoglieva poche migliaia di professionisti e una che esisteva nei servizi da decenni e che ne raccoglieva 90 o 100 volte di più apriva una fase di grande confusione.

Il quadro si è andato definendo nel 2018 con la definitiva istituzione di due professioni: l’educatore professionale socio – sanitario (che veniva ricondotto alla professione sanitaria del 1998) e l’educatore professionale socio – pedagogico. Nello stesso anno veniva istituita con un’altra legge l’educatore per i servizi educativi per l’infanzia cui si accedeva con il medesimo titolo (laurea in scienze dell’educazione dell’educatore professionale sociopedagogico.

Pertanto, nel nostro ordinamento sono presenti due professioni che condividono la denominazione di ‘educatore professionale’. L’una (educatore professionale socio – sanitario) è una professione originariamente concepita come professione sanitaria che ha poi acquisito lo status di professione sociosanitaria; l’altra (l’educatore professionale socio – pedagogico), concepita originariamente come professione sociale, ha ottenuto per legge diritto di operare nei servizi sociosanitari e sanitari. Entrambe le professioni hanno infine attraversato procedure di equivalenza, equipollenza e sanatorie negli scorsi 30 anni.

Esistono pertanto due professioni, che condividono la locuzione ‘educatore professionale’ nella denominazione, ma che non sono per questo la medesima professione. Due professioni che hanno fondamenti normativi diversi e che possono

Nella diagramma che segue si è deciso di riportare gli ambiti di competenza di quattro professioni che operano in ambito educativo. Si tratta di educatori professionali socio – pedagogici, educatori professionali socio – sanitari, educatori per i servizi educativi all’infanzia e insegnanti di scuola di infanzia. Le quattro professioni vedono gli ambiti di competenza parzialmente sovrapposti.

Ora, le due professioni di educatore professionale socio- pedagogico e di educatore professionale socio – sanitario condividono, si, il nome, ma sono frutto di scelte formative molto diverse operate da parte dei dipartimenti di ambito pedagogico da un lato e di ambito medico dall’altro. Le due professioni cui qui si fa riferimento sono fondate su percorsi di studio molto differenti e sono concepite, nella loro progettazione didattica in maniera completamente differenze perché i mondi che le hanno generate hanno ognuno una propria storia.

Nelle tabelle che seguono vengono confrontati i settori scientifico – disciplinari degli esami delle lauree L19 e Snt/2 in due università, quella di Bari e quella di Bologna. Al fine di operare una comparazione si è ritenuto di scegliere due università, una del nord ed una del sud. Le due università sono state scelte tra quelle che erogano entrambi i percorsi di studio di L19 “Scienze dell’educazione” e Snt/2 “Educatore professionale”.

Come si mostrerà di seguito i due percorsi sono molto diversi e prevedono una impostazione radicalmente umanistica l’uno e radicalmente sanitaria l’altro.

Il percorso formativo Snt/2 (quello che si tiene presso le università di medicina) è concepito in modo da essere caratterizzato per un terzo da attività di tirocinio, un terzo formazione del SSD Med e un terzo da altre discipline, comprese le altre materie sanitarie, come quelle che afferiscono alle scienze biologiche. Dei due corsi di formazione presi in esame, il numero di crediti dell’area Medica è di 87 (quasi metà corso di laurea) a Bari e di 59 a Bologna. Il numero di crediti di area pedagogica (ossia quelli che afferiscono al settore scientifico – disciplinare M-PED è invece di appena 5 a Bari e appena 15 a Bologna.

Diversamente il percorso L19 nei due esempi presi in esami prevede un numero di cfu in materie mediche di 0, mentre il numero di crediti pedagogici è di 84 e 34. Anche nel corso di studi di Bologna, infatti, che prevede una scelta più ampia di insegnamenti (e quindi un numero di esami obbligatori complessivamente minore, il numero di crediti pedagogici è significativo.

La rappresentazione di questa differenza nel grafico che segue rende ancora più evidente quanto fin qui si era grafico mostra a colpo d’occhio: ciò che è rilevante in un percorso di studi (ad esempio, le discipline pedagogiche) è inesistente nell’altro e ciò che è rilevante nell’altro (ad esempio le discipline mediche) sono assenti nel primo. Il carico didattico è paragonabile, e rapportato come per tutte le lauree triennali a 180 cfu, ma il contenuto è molto diverso.

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