La sentenza prende le mosse dalla assegnazione di un progetto, “I ragazzi del muretto”, che il IX Municipio di Roma Capitale ha messo a bando nel 2018. Si trattava di un centro di aggregazione giovanile rivolto a ragazzi dagli 11 ai 18 anni. Era capitato che l’operatore arrivato primo era stato escluso dalla gara perchè l’offerta era stata considerata anomala per aver previsto l’impiego di 3 educatori professionali con contratto di collaborazione coordinata e continuativa invece che di rapporto dipendente. Ora, le co.co.co si possono utilizzare (tra gli altri) per i professionisti ordinistici, mentre per tutti gli altri professionisti deve essere utilizzato il lavoro dipendente (che costa di più). Su questo aspetto il IX Municipio aveva chiesto un parere all’Ispettorato del Lavoro che si era espresso nel senso dell’obbligo di utilizzo di lavoro dipendente, e allo stesso modo l’avvocatura del Comune di Roma. L’impresa aveva vinto ricorso al Tar (Sentenza del Tar Lazio) e il Municipio era ricorso a sua volta a Consiglio di Stato. Il Tar aveva ritenuto che essendo l’educatore professionale una professione ordinistica, era possibile contrattualizzare quei professionisti con Co.co.co perchè – diceva il Tar, l’educatore professionale rientra tra le professioni sanitarie.
Il Consiglio di Stato ha ribaltato la sentenza del Tar. sulla base di questa motivazione. Il Tar, dice il Consiglio di Stato, ha ritenuto che gli educatori professionali fossero professione ordinistica, e che quindi potessero essere applicati Co.co.co al posto del lavoro dipendente. Eppure “tale interpretazione non sarebbe però condivisibile, non potendosi ricondurre qualsiasi tipologia di “educatore professionale” nella categoria delle professioni sanitarie“.
La professione di educatore professionale – argomenta il Consiglio di Stato – “lungi dal costituire una categoria unitaria, sono individuabili due diverse tipologie di “educatori professionali”.
Il Consiglio di Stato deduce dal fatto che l’attività avrebbe dovuto essere condotta con minori, che “è evidente, in ragione sia del tenore letterale della disposizione, sia del contesto nel quale la stessa si colloca, che gli “educatori professionali” ivi previsti non svolgono una professione sanitaria, bensì quella di educatori di minori” e che pertanto l’educatore professionale cui si faceva riferimento non poteva essere quello sociosanitario ma necessariamente quello socio-pedagogico.
Aldilà del contesto nel quale la sentenza è maturata, questa sentenza è uno schiaffo a tutti coloro che ritengono che l’attività professionale di educatore professionale sociosanitario, quanto professione ordinistica, prevale su quella dell’educatore professionale sociopedagogico. Questa posizione – come avevo già denunciato in diversi video, era stata portata avanti nella circolare 87/2019 del Tsrm anche se lo stesso Ordine era parzialmente tornato indietro con la circolare 87/bs