In questi giorni stiamo affrontando con serietà un problema.
Il Comune di Firenze ha bandito un concorso per “coordinatore pedagogico” per accedere al quale si possono avere le lauree piu’ disparate, compreso scienze della comunicazione e scienze politiche.
La cosa ci ha lasciato basiti. Ma ve lo immaginate un coordinatore che so, di asilo nido comunale laureato in scienze politiche? Ma veramente facciamo?
Qui non si tratta di assumere educatori diplomati (la qual cosa, da associazione di educatori e pedagogisti, pure ci indigna) ma si tratta di assumere pedagogisti (il bando dice “coordinatore pedagogico”).
Ora, se per l’educatore c’è effettivamente un problema di definizione della denominazione e della figura professionale, per il pedagogista c’è tutta una serie di equipollenze a cascata dalla laurea in pedagogia alla laurea in scienze dell’educazione quadriennale alla laurea specialistica. Tutto normativamente sancito.
Abbiamo dunque fatto una verifica tramite i nostri legali, e intendiamo andare avanti su questa strada.
Ci siamo comportati come si comporta una seria associazione di rappresentanza. Innanzitutto i colleghi toscani hanno singolarmente contattato telefonicamente l’assessorato, poi abbiamo proceduto ad inviare una comunicazione scritta e adesso, ci apprestiamo ad inviare un atto formale di diffida.
La cosa è stata presa sul serio anche da testate nazionali come tecnica della scuola sulla base della evidente fondatezza, sul versante del buon senso, delle nostre argomentazioni.
Prima di lanciare la campagna abbiamo inviato una comunicazione ad altre associazioni pedagogiche.Beh, cosa è successo? che il presidente di un’altra associazione ci ha risposto nei termini che hanno lasciato basiti diversi di noi. Dico basiti perchè le comunicazioni che ci hanno mandato soci e colleghi sono parecchio piu’ colorite.
Cosa ci dice, in sostanza questo presidente di una associazione pedagogica:
– Il concorso è legittimo. Vabbè, ci conserviamo questo “parere legale” vedremo se il giudice condividerà l’idea del collega. Quello che troviamo assurdo è che il collega non dica una parola sul merito del problema: a quanto ci è dato di capire dalla sua comunicazione secondo questo collega non c’è alcun problema che vengano assunti come pedagogisti laureati in discipline lontane dalla pedagogia. Per lui è normale, per voi?
– I pedagogisti sono una professione non riconosciuta. Ci fa piacere che il collega se ne sia accorto. Eppure la sua associazione è nota per aver istituito un albo (si avete capito bene, un albo), senza alcun valore giuridico (appunto perchè siamo una professione non riconosciuta, come tante altre: l’archeologo, il programmatore, il consulente tributario, per esempio).
Ora, la domanda che ci poniamo qui è: se siamo una professione non riconosciuta perchè istituire un elenco di persone certificate chiamandolo “albo”? Si chiamano albi quelli delle profession regolamentati da ordini, e che abilitano alla professione. Il loro è un albo “interno” ma l’esame si chiama “esame di abilitazione”. Ops…
– ma la chicca è l’ultima frase: noi siamo l’associazione piu’ riconosciuta d’Italia. Quindi, attenzione: la professione non è riconosciuta, ma l’associazione di questo signore si, ed è anche la piu’ riconosciuta d’Italia.
Come diceva Toto’ all’onorevole Trombetta? Ah, si: ma mi faccia il piacere!
Ad ogni modo, per chi vuole divertirsi, ecco sotto la risposta che il presidente nazionale Apei ha ricevuto