Il Tar Trieste ha dato ragione all’Apei in un ricorso avverso la delibera di Giunta regionale del Frriuli-Venezia Giulia numero 1213 del 26 agosto 2022 (delibera – allegato alla dellibera) in merito ai requisiti professionali della professione di educatore professionale socio-pedagogico.
Con questo provvedimento la Giunta Regionale del Friuli – Venezia Giulia aveva previsto che fino al 31 dicembre 2023 i gestori potessero derogare al reperimento di educatori professionali socio-pedagogici con personale in possesso di altri titoli, in particolare:
- una laurea sociale a piacere, e in particolare “laurea a ciclo unico in scienze della formazione primaria o lauree triennali o magistrali in: servizio sociale, psicologia, sociologia, mediazione linguistica e culturale, scienze politiche”,
- o addirittura, in subordine, il solo diploma con una non meglio precisata esperienza sull’infanzia .
Al fine di compensare l’assenza del titolo di studio adatto (la laurea in scienze dell’educazione L19) la Giunta aveva previsto che i laureati con altre lauree dovessero compensare la propria mancata competenza con 10 ore (dieci!!) di formazione pedagogica e che per i non laureati i gestori dei servizi dovessero organizzare una formazione per 20 ore
L’argomentazione del Tar è la seguente: in primo luogo, si tratta di una deroga alla normativa nazionale, in quanto una sanatoria in merito ai titoli per esercitare la funzione educativa era già stata prevista dalla Legge 205/2017. In secondo luogo, tale deroga è illegittima, in quanto “la disposizione regionale qui censurata si colloca al di fuori del perimetro della competenza regionale in materia”. Ciò in riferimento alla constatazione secondo la quale “la Corte Costituzionale ha affermato in più occasioni (cfr. C. Cost. n. 153/2006) che <<la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle ‘professioni’ deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e i titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale>>”. In altre parole, se nell’ordinamento dello Stato è presente una determinata professione, le Regioni non possono normare in materia difforme da quanto è previsto dallo Stato. Tale principio Tale principio, “si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile”.
La Regione è stata inoltre condannata al pagamento delle spese. La sentenza è scaricabile da questo link
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