E se l’iperattività fosse un problema alimentare?
Recensione a Stefano SCOGLIO, Non è colpa dei bambini. Disattenzione, iperattività e ADHD: i pericoli del Ritalin e il ruolo della nutrizione, Macro edizioni, 2007, 136 pagine, € 9,80.
Che il tema dell’Adhd rischiasse di essere anche in Italia – come lo è già da tempo negli Stati Uniti – una colossale operazione a danno dei bambini lo sapevamo già. E sapevamo pure che il metilfenidato, l’anfetaminico che viene utilizzato nel trattamento di questa sindrome, ha pesantissimi effetti collaterali sui bambini.
Questo volume di Stefano Scoglio edito da Macro edizioni, si occupa di un aspetto meno noto: il ruolo che la nutrizione potrebbe avere nella comparsa delle sintomatologie connesse con la sindrome da iperattività.
Che questi fenomeni, infatti, argomenta l’autore, siano sempre più diffusi tra i bambini e gli adolescenti è indubbio. Il punto sul quale è necessario interrogarsi in maniera approfondita, però è se si tratti di una “patologia, e abbiano cause ‘hard’, ovvero genetiche e strutturali, invece che ‘soft’, ovvero di tipo fisiologico, ambientale e, last but not least, nutrizionale” (p. 10).
Dopo aver vagliato e scartato le argomentazioni sulla origine ‘hard’ dell’ADHD (se esistano, cioè, evidenze che l’ADHD abbia o meno fondamento biologico e genetico), l’autore passa a prendere in considerazione le possibili cause ‘soft’ dell’ADHD. A partire dalla nutrizione. Negli ultimi decenni è avvenuto – come argomenta con precisione e competenza l’autore – il crollo della “nutrizione positiva”, ossia una significativa perdita del valore nutritivo presente negli alimenti. Si scopre, ad esempio (pp. 35 e sgg.) che gli spinaci non sono più una buona fonte di ferro (perchè la quantità di ferro per 100 g. è crollata in pochi decenni) e che il valore in termini di apporto di vitamine e microelementi di formaggi e latte ha avuto pesantissime riduzioni dalla metà del secolo scorso ad oggi. O, ancora, che la dieta della maggior parte dei bambini è deficitaria (ossia sotto le quantità minime raccomandate) di elementi essenziali alla buona salute.
Al crollo della nutrizione positiva si aggiunge poi il pericoloso fenomeno dell’aumento della nutrizione ‘negativa’, negli alimenti e nell’ambiente in cui vive il bambino: squilibrio glicemico, caffeina, coloranti, conservanti, mercurio, vengono esaminati uno per uno per analizzarne il ruolo nella salute generale dei bambini e – ove fossero presenti degli studi specifici in merito – sugli aspetti più eminente psicologici e comportamentali.
Cosa c’entra l’inversione della bilancia ossidativa con l’aumento delle sintomatologie connesse con il deficit da attenzione nei bambini? “non c’è dubbio che questo squilibrio radicale della bilancia ossidativa abbia effetti devastanti sulla salute e non può non avere rilevanza anche su quella specifica alterazione della salute psicofisica che avviene nel caso dei ‘bambini difficili'” (p. 33)
La proposta di Stefano Scoglio nel capitolo 5 è un ‘modello fisiologico’: i bambini iperattivi e disattenti sono uno dei due estremi di un continuum depressione – iperattività. Nella proposta dell’autore “non esiste una caratteristica neurologica strutturale (un gene difetttoso, un cervello più piccolo, ecc.) che separa i bambini più difficili da quelli più centrati. Esiste invece un continuum di condizioni differenti, sociali, familiari e nutrizionali che, proprio come la condizione comportamentale – emotiva generata, va da una situazione di equilibrio a una progressivamente più squilibrata e sofferente” (p. 64).
L’ultima parte del volume riguarda il Ritalin e i suoi effetti collaterali (cap. 6), la feniletilammina come alternativa al metilfenidato (cap.7) e il contributo della microalga Klamath (cap. 8) come fonte naturale di feniletilammina e un gran numero di altri minerali tali da contribuire a superare il deficit metabolico descritto nel volume.
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