Era il 31 dicembre di 3 anni e cominciava la mia esperienza da dipendente pubblico (“senza manco una fetente di raccomandazione”, raccontavo in un post su Linkedin di quel periodo). Quella da dipendente pubblico è solo l’ultima di una serie di vite che ho attraversato nei miei (pochi o tanti?) 42 anni.
Quasi 3 anni (milleeottantagiorni) di un’esperienza che mi ha cambiato e mi resterà nel cuore. Oggi ho sottoscritto un nuovo contratto di lavoro, stavolta con Regione Campania che mi proietta dentro una nuova esperienza professioanale, questa volta al servizio delle persone con disabilità, nell’accompagnamento nella loro ricerca di lavoro e alle aziende che devono o che vogliono assumerli.
Mi resteranno nel cuore le persone con le quali e per le quali ho lavorato.
Le persone dei cittadini cui il servizio è rivolto. Non solo coloro che hanno lasciato che entrassi nelle loro vite, coloro che hanno lasciato che entrassi nella fatica, ma anche coloro che mi hanno mandato al diavolo, quelli cui ho dovuto sospendere o revocare il beneficio del reddito di cittadinanza. O ancora mi porto in Regione Campania coloro per cui il reddito di cittadinanza è stato occasione per mettere a fuoco e riassestare ambiti della propria vita, di fruire di servizi sociali, di avvicinarsi al mondo delle istituzioni non solo per chiedere qualcosa come un bambino che si avvicina ad un papà ma come un adulto che chiede aiuto ad un adulto sulla base della umanità comune che diventa professionalità agita al servizio di chi ne ha bisogno per tornare a camminare con le proprie gambe.
Ritengo che il modello di equipe adottato al comune di Napoli nella sua connotazione originaria (lo ho raccontato in questo articolo) sia stato frutto di un’intuizione felice, ad un certo punto subissata dalle emergenze e dal carico che il reddito di cittadinanza determina in una citta come Napoli, ma che merita di essere ripresa e messa in sicurezza sul piano scientifico ed operativo per esprimere il grande valore che porta. Trovo che l’idea stessa di superare il solipsismo dell’assistente sociale, restituendo al servizio sociale una funzione educativa prima che assistenziale sia un’idea rivoluzionaria che restituisce al servizio sociale la funzione di promotore di normalità prima che di gestore dei guai, cui l’emergenza tende a schiacciarlo. In questo la collaborazione di equipe di educatori e psicologi è secondo me preziosa e merita di essere preservata. Credo che il servizio sociale professionale come abbiamo imparato a conoscerlo abbia molto da imparare dalle modalità operative che le condizioni hanno consentito alle equipe del reddito di cittadinanza.
Ma non solo le persone degli utenti del servizio mi restano nel cuore.. Sia sul piano professionale che sul piano ho imparato tanto da questa esperienza; sia assistenti sociali che psicologi mi hanno dato molto, in termini di arricchimento professionale e di culture professionali, di risposte date ai problemi e di modalità di approccio ai servizi.
Ma soprattutto mi restano neI cuore i colleghi, con i quali ho condiviso la quotidianità di questi quasi 1100 giorni. Mi piange il cuore al pensiero di perdere l’opportunità della quotidianità con molti di loro, anche se la mia esperienza è che quando hai imparato a voler bene qualcuno resta nella tua vita, ti resta attaccato all’anima e non si stacca più tanto facilmente.
Infine, mi resta nel cuore l’esperienza di servizio che ho svolto nella Cisl che ha caratterizzato questi miei tre anni al comune di Napoli. Un servizio che grazie ad un’amministrazione e ad un delegato sindacale illuminato sta portando alla stabilizzazione di un primo contingente di quasi cento dipendenti (ne mancano ancora una cinquantina, che dovranno essere stabilizzati nei prossimi due anni).
E mentre mi appresto a cambiare (cambio ente pubblico, cambio attività, cambio inquadramento) ricordo che cambiare è un verbo transitivo e intransitivo e mentre cambio mi accorgo di essere cambiato