La letteratura scientifica è ancora scarsissima (qui ho realizzato una pagina per mettere a disposizione quello che trovo, man mano che lo trovo) ma sembra certa una cosa. L’uso delle mascherine produce una gravissima disabilità comunicativa, non solo per le persone sorde, ma nella comunicazione interpersonale ordinaria, in tutti i nostri contesti educativi.
In un altro articolo di mesi fa avevo segnalato l’esigenza di aprire un confronto collettivo e diffuso sulla transizione che stiamo vivendo, sottolineando alcuni aspetti importanti di quest tempo di pandemia. Uno di questi è l’uso della mascherina. La mascherina limita pesantemente la possibilità di una comunicazione empatica e gli educatori e i pedagogisti non possono permettersi di perdere una fetta importante della comunicazione con le persone per le quali e con le quali lavorano. È la bocca la vera porta dell’anima, proprio perché la parte inferiore del viso è coinvolta primariamente nella comunicazione delle emozioni.
Non sono in discussione le norme sanitarie a presidio della salute dei professionisti e degli utenti; si tratta di individuare un quadro che coniughi le condizioni di salute e le possibilità concrete di essere attori di educazione e di cambiamento con le persone.
D’altro canto il mondo dell’impresa ha trovato delle soluzioni: mascherine trasparenti che non occultano il viso, rendendo il pedagogista e l’educatore un po’ meno barricato dietro una barriera di incomunicabilità. Ce ne sono persino di compostabili, mancano non solo quelle commestibili e il quadro è completo.
Noi professionisti abbiamo il compito di ripensare le nostre prassi educative dentro il mondo dei servizi mutati e sapremo agire l’educazione nonostante le difficoltà che il nuovo contesto ci impone, ma voi datori di lavoro dateci delle mascherine trasparenti, cazzo