Una obiezione che viene da più parti sulla normativa che è in discussione al Senato sull’ordine delle professioni pedagogiche ed educative suona più o meno così: ma come, dovevamo abolire gli ordini professionali e voi chiedete l’introduzione di un nuovo ordine e di nuovi due albi?
Devo dire, anche io non amo gli albi. Ho creduto, in questi 15 anni in cui mi sono occupato di queste problematiche che si potesse (si dovesse!) andare verso una professione moderna e non intralciata da un ordine professionale. Si da il caso però che gli ordini delle professioni che operano dei servizi sociali e sanitari non sono stati aboliti, e anzi, nel 2018 ne hanno costituito uno con quasi 20 professioni diverse. Inoltre, le professioni educative sono state fatte oggetto nello scorso lustro di una transizione incompiuta.
Educatore e pedagogista sono state professioni non regolamentate nel nostro ordinamento fino al 2017, quando sono state introdotte le professioni di educatore professionale socio-pedagogico, di educatore nei servii educativi di infanzia e di pedagogista. Dal 2017 in poi, sono stati effettuati inoltre diversi interventi normativi che hanno definito i compiti delle professioni educative, soprattutto in riferimento al settore socio-sanitario (L.145/2018, Dl 104/2020, Dm Sanità 27 ottobre 2021). Per quanto si sia trattato di una importante innovazione, il processo che avrebbe dovuto attuarsi è restato incompiuto, in particolare a causa di due ordini d problematiche:
- sul piano del riparto delle competenze di cui alla Riforma del Titolo V viene ad accadere che la materia professioni sia materia concorrente, mentre le materie sanità, servizi sociali e servizi sanitari ricadono nella cosiddetta competenza residuale, ossia, di normazione da parte delle Regioni. Pertanto le Regioni avrebbero dovuto modificare i propri repertori delle qualifiche regionali e i criteri di accreditamento e di autorizzazione dei servizi sulla base di quanto lo Stato ha normato in materia di professioni. Ciò non è mai accaduto; la maggior parte delle Regioni semplicemente non hanno adeguato propri ordinamenti; altre hanno previsto delle normative che hanno derogato alla norma nazionale. Alcune di tali norme sono state impugnate e giacciono in attesa di giudizio da parte del Tar (Regione Lombardia) o del Consiglio di Stato (Friuli Venezia Giulia). Le Regioni pertanto spingono per disapplicare (passivamente o attivamene) la normativa, attribuendo funzioni educative estremamente delicate a personale non laureato;
- sul piano della normativa sulle professioni, introdurre una professione non ordinistica in mezzo a professioni ordinistiche non è stata una scelta vincente, in quanto è accaduto che educatori professionali socio-pedaogici e pedagogisti siano venute a trovarsi, uniche tra le professioni dei servizi sociali e socio-sanitari. prive di ordine ed albo. con una serie di professioni ordinistiche che rivendicano ne gli ambiti di attività, anche laddove essi siano stati definiti chiaramente da norme di legge (psicologi, educatori professionali socio-sanitari, tecnici della riabilitazione psichiatrica, terapisti occupazionali, Tecnici della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva).
Questo processo incompiuto è la principale motivazione che rende indifferibile l’istituzione dell’Ordine delle professioni pedagogiche ed educativo e degli albi degli eductori professionali socio-pedagogici e dei pedagogisti