La legislatura che volge al termine non ha portato all’approvazione di una legge per l’istituzione dell’albo. Ha però visto due proposte di legge in merito depositate in Parlamento: si tratta dell Pdl che ha come firmatario l’Onorevole Valentina D’Orso del Movimento Cinque stelle (AC 3741) e dell’Onorevole Maria Carolina Varchi di Fratelli d’Italia (AC 3641).
Inoltre, l’Associazione pedagogisti ed educatori italiani ha consegnato al dibattito politico il testo di una propria proposta di legge (ne abbiamo parlato in una videoconferenza reperibile qui). Nel breve articolo che segue mi prefiggo di mostrare alcune delle principali differenze tra i testi, consapevole che la nuova legislatura dovrà vedere un rinnovato impegno su questo delicato fronte politico – professionale.
Cominciamo dalla definizione delle attività che caratterizzano l’educatore professionale socio-pedagogico e il pedagogista.. Per quanto concerne il titolo di accesso alla professione la scelta della pdl D’Orso (che ricalca, in questo la pdl Apei, su stimolo della quale nasce) è di riprendere testualmente il testo della Legge 205/2017, sia in merito alle attività tipiche che in merito agli ambiti di attività delle due professioni. Diversa è la scelta nel testo depositato dall’Onorevole Varchi. Nel testo della deputata di Fratelli d’Italia infatti viene proposta una articolata distinzione delle funzioni di educatore professionale socio – pedagogico di pedagogista. Il pedagogista viene definito opportunamente come un professionista che “opera per la progettazione, la gestione, la verifica e la valutazione di interventi in campo pedagogico, educativo e formativo rivolti alla persona, alla coppia, alla famiglia, al gruppo, agli organismi sociali e alla comunità in generale”, All’educatore, la pdl Varchi da una connotazione più applicativa, operativa e subordinata alla funzione del pedagogista (“organizza e mette in atto progetti e servizi educativi e formativi”). La questione della differenza operativa tra le due professioni in realtà è aperta, è già fin qui si potrebbero porre diverse obiezioni. Sembra di risentire in questa scelta l’eco dell’approccio dell’Associazione nazionale dei pedagogisti (Anpe), che dichiara di aver lavorato a questa pdl, che da tempo pone la questione neila dinamica apicale/esecutore. Personalmente trovo questa visione poco rappresentativa della complessità delle due professioni. Ma ciò che proprio non è condivisibile nel testo Varchi è che mentre il pedagogista viene definito come un professionista che opera “verso tutti”, l’educatore viene definito come un professionista che presta la propria attività soltanto in ambiti “rivolti a persone in difficoltà o in condizione di disagio”. E’ un’idea, questa del professionista rivolto al solo disagio che è antipedagogica, e l’estensore del testo sembra accorgersene soltanto in relazione ai pedagogisti ma non in relazione agli educatori.
In merito ai titoli di accesso, mentre nella pdl D’Orso sono definiti nel dettaglio i medesimi titoli già vigenti nella “Legge Iori” (L. 205/2017, art. 1, cc. 594 e sgg), nella pdl Varchi permane un più generico riferimento ai “laureati in pedagogia o scienze dell’educazione e della formazione, con titolo quadriennale o specialistico o magistrale” che lascia qualche perplessità perchè risulta essere non abbastanza preciso. In questo testo è poi presente il riferimento ad un ulteriore requisito per accedere all’esame di abilitazione consistente nel possesso “di un’adeguata documentazione attestante l’effettuazione di un tirocinio pratico secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell’università e della ricerca, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Nel complesso i rimandi ad altri atti successivi appaiono essere una pesante debolezza complessiva della Pdl Varchi, che presenta una onerosa parte attuativa. In 11 articoli sono presenti ben 5 rimandi: un Decreto del Presidente della Repubblica dovrebbe normare le modalità dell’esame di abilitazione (articolo 2, comma 2), un decreto del Ministero dell’Istruzione dovrebbe normare il tirocinio, essenziale per l’accesso all’esame di abilitazione , un decreto del Ministero della Giustizia per l’istituzione dell’Ordine (art. 6, c. 2), un ulteriore decreto del Ministero dell’Istruzione previo parere del Cun sui titoli che consentirebbero l’accesso all’albo diversi da quelli già equipollenti (?!?) (rt. 9 c. 1) e – dulcis in fundo – l’avvio del procedimento viene demandato ad un decreto da parte di ogni singolo presidente di Tribunale di città capoluogo di regione finalizzato ad istituire un commissario impegnato nell’avvio della procedura in quella regione.
Un aspetto che pure pare molto importante è la struttura dell’albo che viene proposta dai due testi. Nella Pdl Varchi l’albo viene proposto come articolato in due sezioni. La proposta da Fratelli d’Italia prevede quindi un solo albo. La scelta del testo dei Cinque Stelle punta all’istituzione di due albi differenti, come d’altro canto aveva previsto la Pdl consegnata dall’Apei al dibattito politico. Non è una differenza da poco: istituire un unico albo con due sezione presuppone che si tratti della stessa professione con diverse sfumature. Si tratta della strada che è stata seguita dagli assistenti sociali, per i quali le due professioni (quella dell’assistente sociale e quella dell’assistente sociale specialista) non differiscono granchè, ad esclusione dell’attività di coordinamento. Quello che accadrebbe però – ed in effetti accade con gli psicologi e gli assistenti sociali – è che dato che si può accedere molto liberamente alla magistrale in pedagogia dalle triennali affini si consoliderebbe definitivamente la possibiltà di cumulare con una triennale (es. servizio sociale) e una magistrale (es. pedagogia) il valore legale della triennale di partenza (es: albo servizio sociale B), della magistrale (es: albo dei pedagogisti, sezione A) e della triennale (albo pedagogisti, sezione b). Questo effetto paradossale di supersconto 3×2, che accade per gli psicologi e gli assistenti sociali, si evita istituendo due albi diversi senza divieto di contemporanea iscrizione.
Al contrario del testo proposto dall’Apei, che non definisce l’articolazione dell’ordine, demandandone la regolamentazione ad un decreto ministeriale del Ministero della Giustizia di concerto con il ministero dell’Istruzione, le pdl depositate in Parlamento definiscono nel dettaglio il funzionamento dell’Ordine. Con una differenza importante. La pdl D’Orso prevede ordini territoriali riuniti in una federazione (anch’essa ente pubblico non economico), mentre la pdl Varchi un unico ordine nazionale (“articolato a livello regionale”), che istituisce albi di livello regionale i cui presidenti – i presidenti delle sezioni a e b degli albi regionali (boh) – costituiscono il consiglio nazionale dell’ordine. In questo caso il testo consegnato al dibattito politico dall’Apei propende per la dimensione regionale come nell’ipotesi prevista dalla pdl di Fratelli d’Italia.
Concludo con una nota. Entrambe le proposte di legge (Varchi e D’Orso) presentano un vulnus grave nel coordinamento con la legislazione precedente. Una delle problematiche più serie della normazione sulle professioni educative è proprio che essa si è andata stratificandosi prevedendo 3, 4, 5 educatori differenti che hanno ognuno una propria normativa di riferimento e che costituiscono una seria problematica.
Per come sono concepite le due pdl depositate, gli educatori di nido, quelli degli educandati e gli educatori penitenziari diventerebbero professioni ulteriori, peraltro non ordinistiche ecoesisterebbero all’educatore professionale con l’albo e l’ordine. Con l’effetto di separare professioni di educatore professionale socio-pedagogico e di educatore per i servizi educativi per l’infanzia cui si accede con la medesima laurea in scienze dell’educazione. Nel testo proposto dall’Apei era invece previsto un articolo di norme transitorie che acquisivano in albo i professionisti che hanno operato come educatore penitenziario e come educatore di nido (articolo 7), mentre all’articolo 5 venivano ricondotte alle professioni del costituendo albo quelle di educatore di nido, di educatore di convitto ed educandato, il coordinatore pedagogico e quella di educatore penitenziario.
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OTTIMO SPUNTO DI RIFLESSIONE. Le professioni educative e pedagogiche riflettono lo stato di salute di una nazione e, quanto più avanza la crisi economica, tanto meno si investe nei servizi educativi. La nostra realtà professionale e spalmata abbondantemente in tutti i servizi alla persona, per tutte le fasce di età e funziona come un cuscinetto sociale, capace di attenuare il disagio di grandi aree di popolazione, attenuandone la sofferenza e le difficoltà. Da grande e abbondante risorsa professionale, non riesce ancora a darsi una struttura organizzativa interna tale da farla uscire da una dimensione di servizio assistenziale, alla mercè dei pescecani del terzo settore, per assurgere ad un ruolo propositivo, motore di cambiamento e di civiltà, di autogoverno e crescita professionale. Da servi della gleba, sfruttati e sotto pagati, a professionisti di alto profilo, con paghe adeguate e riconoscimento sociale. I fatti di cronaca ci consegnano gravissimi episodi e nuove normative regionali che cercano di abbassare i costi del lavoro educativo, riducendolo a mero assistenzialismo, con personale sprovvisto di adeguati titoli e specifica formazione cu cui, coma APEI siamo impegnati in prima linea anche con diffide e ricorsi al TAR, ma è sempre più impellente e irrinunciabile dotarsi di una struttura giuridica professionale che ridia dignità ad una platea di professionisti sottostimata, mal pagata e spesso al di sotto della soglia dei 4 euro l’ora. Al nuovo governo consegniamo le nostre riflessioni e le nostre esigenze di professionisti dell’educazione, consapevoli che la strada sarà lunga e irta di ostacoli. Grazie a Gianvincenzo per il lavoro di analisi che porterò con me al prossimo incontro sul tema.