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Lug
Quella del pedagogista, dobbiamo dircelo con onestà intellettuale, è una professione tutta da rimettere in piedi. C’è un abisso tra la percezione sociale e la spendibilità professionale delle vecchie lauree in pedagogia venti o trenta anni fa e i laureati con laurea specialistica oggi.
Certamente la scomparsa della denominazione della laurea in pedagogia ha reso meno riconoscibile il professionista nella società e nel mondo del lavoro.
Ma deve esserci di più.
Uno dei problemi è attribuibile alla responsabilità di una buona parte della riflessione di ambito accademico che ha scelto di sciogliere gli elementi più tradizionalmente pedagogici dentro il mare magnum delle “scienze dell’educazione”, che poi nel concreto è significato per la pedagogia acquisire un linguaggio e una visione presa da altre discipline, perlopiù preso in prestito dalla psicologia.
C’è in questo una responsabilità grandissima da parte dell’associazionismo pedagogico che, ci ha fatto perdere 20 anni di opportunità.
C’è qualcosa che non va se le associazioni professionali di pedagogisti hanno formato colleghi con le denominazioni più disparate – e si tratta di decine di migliaia di colleghi – senza che costoro si siano sentiti le spalle abbastanza forti per mettersi sul mercato privato, proporsi alle famiglie e agli enti, aprire bottega e camparci famiglia. Vuol dire che o non valevano nulla i docenti che hanno proposto quelle formazioni o che non valevano nulla i contenuti. Ad ogni modo il danno – per tutti noi – è enorme.
Poi c’è la truffa degli albi. Ma, dico io, ci vuole un pozzo di scienza per capire che se chiami un elenco privato di professionisti “albo dei pedagogisti” stai ingenerando una confusione tra il valore giuridico degli albi isttuiti per legge e tenuti dagli ordini professionali e una professione non ordinistica in cui si può esercitare senza iscrizioni e senza abilitazioni?
Ci vuole tanto a capire che stai ingenerando una confusione assurda con gli albi degli avvocati,degli agronomi, degli ingegneri?
Delle due una: o queste sono finezze che queste persone non capiscono oppure sono in malafede. Lascio a voi la scelta.
Ad ogni modo, bisogna uscire dal pantano. Noi dell’Apei crediamo che si esca dal pantano promuovendo la libera professione, aiutando i più proattivi tra i nostri colleghi a lanciarsi nel vuoto, facendo girare le buone prassi migliori. Per questo motivo abbiamo attivato una serie di seminari gratuiti per i soci sul tema della consulenza pedagogica. Il filmato che segue sintetizza i temi sul tavolo dei corsi che ho tenuto in Campania.
Perchè ci sono due modi per fare associazionismo professionale. Uno si fonda sull’idea che i soci sono il mercato nel quale vendi servizi, l’altro sull’idea che i soci sono il corpo vivo che promuove iniziativa (politica, sociale, economica) che va organizzata e al servizio del quale il dirigente associativo si pone.
L’Apei ha scelto questa seconda strada, quella del servizio. Per gli altri non rispondiamo
Nota aggiunta il 24 settembre 2023.
Sono passati 11 anni dalla redazioone di questo mio articolo e molte cose non sono cambiate. Ancora oggi esiste una (larga) parte dell’associazionismo professionale impermeabile alle problematiche politico- professionali dei pedagogisti e degli educatori, ancora oggi esistono associazioni il cui unico obiettivo è legittimare scuole di formazione professionale private.
Sulla libera professione sono stati fatti enormi passi avanti. Potrei citarne mille, ma mi piace citare tra tutti quello del mio amico e collega Samuele Amendola, pedagogista che opera a Lipari. La libera professione è qualcosa in più di un fatto privato di alcuni di noi, è la cartina al tornasole di quanto una professione è riconosciuta nella società. Avanti, pedagogia!