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Sicurezza di educatori e pedagogisti in comunità, ecco i dati della rilevazione lampo Apei

Un episodio di cronaca degli scorsi giorni ha scosso l’opinione pubblica. Un’educatrice è stata accoltellata. Alcuni giornali parlavano di assistente sociale, ma l’Ordine degli assistenti sociali ha precisato che si tratta di un’educatrice. Si tratta un evento purtroppo non nuovo, ma che ripropone con inaudita gravità la problematica della sicurezza nei luoghi di lavoro per gli educatori e gli operatori sociali. Ma cosa fanno le imprese e gli enti per evitare che questi fatti accadano?

L’Apei ha lanciato una rilevazione lampo sulla sicurezza degli educatori professionali socio-pedagogici e dei pedagogisti in comunità. Hanno risposto 74 educatori professionali socio-pedagogici, provenienti da 15 regioni italiane, l’84% dei quali sono femmine e il 16% maschi La fascia di età prevalente è quella dai 30 ai 40 anni (circa la metà dei questionari), seguono la fascia di età inferiore ai 30 anni (25% dei questionari) e quella 41 – 50 anni (21 % dei questionari). Solo l’8 dei questionari sono stati compilati da educatori e pedagogisti con più di 50 anni.

La composizione del campione per tipologia di servizio nel quale gli educatori sono coinvolti è la seguente. Circa un terzo degli intervistati ha dichiarato di operare in servizi rivolti a minori (una parte cospicua dei quali rivolti a minori stranieri non accompagnati); un altro terzo degli intervistati ha indicato la struttura in cui lavora come una struttura rivolta a persone con problematiche psichiatriche, mentre la struttura rivolta a persone con disabilità ha raccolto il 16% delle scelte. Più o meno gli stessi sono stati – tra coloro che hanno risposto – gli operatori che operano in strutture a contatto con donne vittime di violenza (il 17%), mentre relativamente pochi sono stati tra i sottoscrittori del questionario coloro che operano in servizi residenziali per persone con dipendenze (solo 6 del 74 questionari rientrati).

Tra gli intervistati, il 56% ha indicato di restare da solo / sola nel servizio spesso o sempre, e il 41% ha dichiarato di aver fatto questa esperienza spesso o sempre di notte. Più di un terzo degli intervistati ha dichiarato di aver subito aggressioni verbali da utenti o familiari. Un aspetto che l’indagine ha voluto evidenziare riguardava l’utilizzo dei social, che può costituire un elemento di pericolo per gli operatori sociali: il 26% degli educatori ed educatrici intervistate hanno dichiarato di sentirsi violate nella propria privacy, quando si trova aldifuori del proprio ambiente di lavoro ma per fatti connessi con il lavoro.

Un elemento di grande preoccupazione sono le aggressioni fisiche che vengono lamentate con grande frequenza rispettivamente dal 13 % (ricevono spesso aggressioni fisiche) di coloro che hanno partecipato alla rilevazione lampo e dal 4 % (sempre).

Un ultimo gruppo di domande riguardava la formazione in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro. Il 64% di coloro che ha partecipato alla rilevazione ha dichiarato di aver partecipato ad una formazione sulla sicurezza; deve essersi trattato di formazioni estremamente standardizzate, in quanto appena un quinto di quelli che vi hanno partecipato ha avuto indicazioni durante la formazione in relazione a come comportarsi in caso di eventi critici connessi con il comportamento di utenti, familiari o altri soggetti.

Come si comportano i datori di lavoro di fronte al pericolo (percepito o sperimentato con atti concreti)?. Circa la metà degli intervistati non ha dubbi: se ne fregano. L’altra metà si distribuisce in diverse misure prese dalle imprese: mi hanno supportato con formazione e supervisione (20%), hanno introdotto modifiche organizzative al servizio o hanno rafforzato gli operatori per turno (4% dei questionari ciascuno) oppure introducono sistemi di sicurezza aggiuntivi o spostano i turni dell’operatore rispettivamente nel 2% dei casi residui.

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