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Di cosa si occupano i servizi di assistenza all’autonomia e alla comunicazione?

La legge 104, come ho più volte evidenziato, non istituisce una professione (quella dell’assistente all’autonomia) ma istituisce un servizio di assistenza all’autonomia, della cui competenza investe gli enti locali. Gli enti locali (e le Regioni, che a loro volta hanno assunto la competenza legislativa esclusiva in materia di servizi sociali) hanno normato con una straordinaria fantasia questi servizi. In alcune regioni trovate ad esempio la qualifica professionale di asssitente, in altre l’attività di assistenza all’autonomia è distinta dall’attività di assistenza alla comunicazione, eccetera.

Ma quali sono le definizioni di autonomia che riguardano questo servizio? A quale tipo di autonomia facciamo riferimento?

Va detto che la promozione delle autonomie è un mare magnum. Per alcuni bambini e ragazzi il lavoro sulle autonomie significa costruire le premesse per la scolarizzazione (essere in grado di andare in bagno, essere in grado di sedere al banco), mentre per altri lavorare sulle autonomie significa operare su competenze che coinvolgono la capacità di usare li oggetti o di stare in gruppo, o di usare i mezzi di trasporto autonomamente.

Un primo ambito di attività riguardante l’autonomia degli alunni riguarda quello della capacità di utilizzo autonomo della mano come organo nell’intelletto.

Un primo ambito di attività, che si riscontra in molti Pei, riguarda la promozione della manualità attraverso una pluralità di attività che hanno il compito di promuovere la manualità, il coordinamento oculo – manuale, e la motricità fine. Sia che si tratti di infilare perline che di vincere con il gioco da tavolo Allegro chirurgo, il controllo motorio sui movimenti più piccoli delle mani e delle dita (ma anche sui piccoli movimenti della bocca, del viso o delle dita dei piedi) è parte dell’esperienza di crescita del bambino o del ragazzo, inclusi i bambini e i ragazzi con disabilità. Naturalmente ci si riferisce qui anche alle attività più elementari, come saper tenere la penna, ed evidentemente non solo a situazioni che riguardano l’ambiente scolastico della classe in senso stretto, ma anche glli spazi esterni, come accade per le attività individualizzate e in gruppo inclusivo che mirano a svolgere delle piccole attività di giardinaggio finalizzate a curare il giardino della scuola.  

Un secondo ambito di autonomia cui si intende qui fare riferimento è quello della capacità di abitare lo spazio in autonomia. La capacità di abitare lo spazio viene spessissimo messa in relazione con le attività da svolgere con i bambini ciechi, al fine di acquisire la rappresentazione mentale degli ambienti in cui si svolgono le attività didattiche (classe, corridoi, palestra, ecc). L’autonomia nella capacità di abitare lo spazio è un ambito di autonomia importante, ad esempio per molti bambini e ragazzi con disabilità intellettiva: molti Pei prevedono al proprio interno attività che riguardano l’autonomia negli spostamenti (all’interno della scuola, o nel tratto casa – scuola, all’interno del supermercato, ecc) come raggiungere il bar della scuola per portare il caffè all’insegnante. Abitare lo spazio scolastico e sapersi muovere con padronanza è certamente una forma di autonomia importante per il bambino e il ragazzo, ma questa facoltà deve proiettare verso l’autonomia di vivere gli spazi aldifuori della scuola.

Questa forma di autonomia di vivere gli spazi comuni è costituita dalla capacità di prendere i mezzi di trasporto: i mezzi di trasporto scolastico prima e quelli di trasporto pubblico locale poi. Perché non si resta a scuola per sempre, e compito delle figure educative in età evolutiva è di pensare adulto il bambino e il ragazzo con disabilità, mettendo in condizone di muoversi su distanzi maggiori di quelle che si possono raggiungere autonomamente a piedi, utilizzando i mezzi pubblici dove possibile.

Sempre in relazione alla capacità di abitare gli spazi sociali in autonomia, è possibile realizzare interessanti progettazioni individualizzate nel supermercato nei pressi della scuola, che consentano di acquistare degli alimenti utili alla gestione familiare; peraltro un approccio di pedagogia familiare che si fonda sugli incarichi e che preveda che tornando da scuola il ragazzo con disabilità intellettiva porti il pane e il latte a casa valorizza le capacità del ragazzo, e gli dà un senso nella routine familiare.

Il bar della scuola è un luogo molto adatto a progettare attività che riguardano l’uso autonomo del denaro: l’autonomia nell’uso del denaro è un’altra componente essenziale quando si pensa adulto il ragazzo, ad esempio, con disabilità intellettiva.

Pensare adulto il bambino o il ragazzo implica significa inoltre promuovere autonomia come capacità di abitare le relazioni con i compagni e con gli adulti, all’interno e all’esterno della scuola. L’esperienza di molti di noi è che spessissimo i bambini e i ragazzi con disabilità si trovano privati della compagnia dei coetanei perché le occasioni di socialità che si presentano loro sono minori. Questa constatazione è legata a due fattori. Da un lato al bambino e al ragazzo con disabilità si presentano meno occasioni di stare insieme, e dall’altro questa deprivazione rende più difficile l’acquisizione di quelle abilità sociali che consentirebbero al ragazzo di cogliere tali opportunità quando si presentano. Stare in relazione implica la capacità di comprendere e di agire le regole di una prammatica della relazione che va insegnata e che prevede un accompagnamento da parte dell’adulto.

Peraltro non è improprio qui segnalare che la relazione di gruppo implica regole diverse dalla relazione a due e a tre, che necessitano di essere parimenti apprese.

Una componente di questa autonomia di stare in comunità riguarda l’acquisizione delle regole che presidiano lo stare in spazi comuni. A scuola significa impara a camminare in fila, chiedere il permesso di fare determinate attività, sapendo discernere per quali attività è necessario chiedere il permesso e per quali altre attività non è necessario. Allo stesso modo si tratta di acquisire, ad esempio, le regole del saluto: imparare a salutare quando si incontra una persona e ci si congeda e parimenti acquisire la comprensione del fatto che i compagni vanno salutati in maniera diversa dagli adulti, e che anche gli adulti della famiglia vanno salutati diversamente dalle altre figure di riferimento.

Un altro ambito di autonomia è relativo alla promozione della autonoma capacità di agire le relazioni con le cose e con le persone. Si tratta di acquisire la autonomia di gestione della propria emotività. Qui si pensa al bisogno di molti ragazzi, anche con disabilità, di imparare a gestire la rabbia e la frustrazione che talvolta sfociano in comportamenti distruttivi e autolesionistici. Per la verità, quella della padronanza delle emozioni è un ambito di attività – e di certo non l’unico, tra quelli che qui si presentano – che possono essere variamente oggetto di attività di classe che coinvolgano alunni con disabilità e privi di disabilità.

In proposito, uno spazio di autonomia con cui spesso mi trovo a parlare con i genitori dei bambini con autismo, ad esempio – ma evidentemente ciò non vale solo per loro – riguarda la capacità di autogestire quelli che definiamo comportamenti problema. L’acquisizione della padronanza sul proprio corpo e sulla propria impulsività è un ambito di lavoro molto importante e dell’educatore, così come la capacità di rispondere in autonomia ad uno stimolo (una frustrazione, ad esempio) con un comportamento che risulti funzionale a se e socialmente accettabile. Un aspetto particolare di questa componente delle autonomie è parte della scienza comportamentale, nel cui ambito è è presente una ampio catalogo di  prassi connessa con la gestione delle difficoltà dei bambini e dei ragazzi autistici, attraverso un tracciamento di quelli che sono i rinforzi più adeguati.

Comportamenti problema assessment che vuoi che si riducano. Poi definisci un percorso graduale (assessment dei rinforzi), asssement delle competenze (cosa sa fare, autonomie), cosa sa se vocalizza, e la task list delle attività didegli aiuti.

C’è un ambito di autonomia che riguarda l’autonomia come autonomia di base, ossia autonomia intesa come la capacità di provvedere alle proprie funzioni di base in maniera autonoma. Si fa qui riferimento alla capacità di autogestire da parte del bambino o del ragazzo alcune funzioni fisiologiche come mangiare o andare in bagno, e le funzioni collegate (lavarsi le mani, pulirsi dopo aver espletato i bisogni, mettere a posto le posate ecc.) che spessissimo sono oggetto di progettazioni educative nell’ambito di attività di assistenza all’autonomia e alla comunicazione. I tempi e gli spazi del pranzo insieme, sia in classe che a mensa mensa – costituiscono ambienti privilegiati di questa attività di pedagogia speciale.

In questo senso giova evidenziare come la dicotomia tra servizi di assistenza materiale e servizi di assistenza educativa sia in una certa misura superata dalla constatazione che per molti bambini e ragazzi acquisire la capacità di provvedere in maniera autonoma ad alcuni bisogni elementari è funzione educativa. Sostenere bambini e ragazzi nell’acquisizione dell’autonomia nell’espletamento delle funzioni di base è infatti una funzione educativa ed è funzione diversa dall’assistenza materiale.

Infine, questa piccola carrellata di autonomie riguarda un ambito molto delicato, che chi opera nella scuola secondaria vive come particolarmente importante. L’educatore promuove autonomia come autonoma regolazione della affettività e della sessualità. Si fa qui riferimento alle progettualità con gli adolescenti volte allo sviluppo della relazione, con la funzione di prevenire o di contrastare comportamenti che sviluppano la sessualità in maniera socialmente non accettabile e disfunzionale.

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